“I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole” (Luigi Pirandello)
(di Emanuela Boccassini)
Simona Toma ha abituato il suo pubblico a personaggi giovani, vivaci e spensierati, alle prese con i primi amori e le prime delusioni, o con l’avventura universitaria. In ogni caso hanno la vita davanti, l’energia e la voglia di viverla appieno, di lottare per realizzare i propri sogni, o quanto meno di provarci.
Con il romanzo “Mi chiamano Ada”, l’autrice salentina cambia registro e atmosfera. La gioia e l’allegria cedono il posto a un personaggio complesso e intrigante. Ada è una donna di mezza età, non particolarmente istruita né una donna in carriera. Conduce un’esistenza comune, tra gente comune. Una donna in cui è facile identificarsi. A da è fiaccata dalle fatiche di una vita vissuta a metà. Dalle lotte quotidiane con i problemi che affrontano tutte le famiglie, soprattutto in questo periodo storico. Un figlio scapestrato e nullafacente. La perdita, da parte del marito, del proprio impiego a causa della chiusura della Manifattura Tabacchi. La speranza della figlia dedita allo studio, prima, e al lavoro poi, senza una vita sociale. La malattia di un genitore. Ma, soprattutto, l’illusione di conoscere i propri figli per i quali si sacrifica e rendersi conto di non avere capito nulla.
Persino il suo nome sembra indicare un destino già scritto. “Appena nata mi hanno guardato negli occhi e hanno deciso come doveva andare”. La chiamarono Addolorata.
Le mani rovinate dalle proprie mansioni, dentro e fuori casa, il viso segnato dal tempo che passa inesorabilmente, i capelli disordinati perché non ha un attimo da dedicare a sé. Un matrimonio che sembra aver esaurito ragioni e passione. Ada è una donna vinta dalla vita, come il destino gliel’ha mandata, trascinata passivamente dalla corrente di un’esistenza piatta, ordinaria e insignificante. Scandita dalle consuete attività, dai soliti incontri. Quelli con i passeggeri della 32, la circolare che prende ogni giorno per andare dalla Signora, a cui fa le pulizie, e tornare a casa. Solo durante quei tragitti però Ada non si sente mai “sola”, né “fuori posto”. Quella circolare è, forse, il luogo in cui Ada si sente stimata e considerata, soprattutto per il suo rapporto con Antonio, il giovane autista sempre gentile e paziente. Antonio che la capisce più di chiunque altro, anche del marito Gino.
Ma Ada non è solo questo. È la furia di una leonessa che si scatena contro chi ha osato ferire la sua prole. È l’ira contro il marito smidollato e ubriacone. È la passione quando Gino, dopo un litigio furioso con Ada, si rende conto della donna che aveva avuto accanto e che non aveva saputo curare e apprezzare. È l’amore incondizionato per la sua famiglia, alla quale si dedica completamente. È, anche, la fede in Santa Teresina, con la quale parla e che venera più di tutto. È la speranza nel futuro o in un futuro che ciascuno può plasmare e adeguare a sé, anche quando sembra che tutto vada per il verso sbagliato. È la forza che permette di cogliere al volo le opportunità che si presentano. È una donna vera e combattiva che continua, con la stessa intensità di una ragazza, a sognare.