“I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole” (Luigi Pirandello)
I giochi tradizionali di una volta
(di Raffaele Polo)
L’argomento, non nuovo, è pur sempre ben gradito: mescola, infatti, il piacere del ricordo alla nostalgia per attività fanciullesche che non ci sono più o, nella migliore delle ipotesi, appaiono sporadicamente in qualche momento anacronistico della nostra contemporaneità…. Nessuno, è evidente, si sogna di giocare a tuddhi o a lippa, a mazzetto o, meglio ancora, a ppà….
Però, il ricordo è rimasto.
Ed è piacevole ripercorrere i giochi tradizionali salentini con questo volumetto edito dal Grifo e curato da Antonio Resta, che ha ripreso quanto pubblicato anni addietro da Salvatore Imperiale, impreziosendolo con i disegni di Luigi Cannone.
La scansione dei giochi è per “appartenenza”: nei vari capitoli si susseguono descrizioni dei giochi dedicati all’infanzia, favole e filastrocche, carte da gioco, giochi con soldi e bottoni, con biglie di vetro e figurine, per giungere poi ai giochi di movimento, agli strumenti musicali, alle armi (finte, naturalmente….).
La collocazione di questi giochi “perduti” è sintomaticamente a Neviano e zone vicine (patria di Salvatore Imperiale, che fu indiscusso cantore del dialetto nevianese) e questo rende un po’ difficoltoso avvicinare terminologie di giochi sovente diversissime ma, nella sostanza, indicatrici dello stesso argomento. Ad esempio, il tradizionale gioco con le figurine messe a mazzetto, viene indicato come “A mmazzettu” o “a ccoppa”. A Lecce, era diffusissima la proposta “sciocamu a ‘ppà”, indicando con questa parola onomatopeica ciò che, di lì a poco, si sarebbe esclamato per impossessarsi delle figurine avversarie…. Ma, per il resto, ci si ritrova facilmente, guidati anche dai comprensibili disegni, a ripercorrere quei momenti felici legati al gioco di gruppo ed alla spensieratezza fanciullesca.
Di notevole interesse la memoria che il testo realizza per le filastrocche, le canzoncine e i tradizionali proverbi in rima che erano patrimonio di intere generazioni di giovanissimi giocatori… In dialetto e in italiano sono ancora presenti nelle nostre ben celate reminiscenze giovanili.
Infine, da sottolineare, la coraggiosa scelta di inserire in bella evidenza, proprio nel titolo, uno dei dilemmi accademici più ghiotti del nostro Salento, ovvero la grafia della doppia “d”. Qui si opta per i due puntini sotto le doppie. Altrove sarebbe stato “ddh” o “ddr”o anche “ddhr”, Ma che importa, se siamo tornati indietro nel tempo e “Sciocamu a tuddi”?